Nel 2011 anni fa è uscito il libro China Study. Parlando con un
amico non medico e mi fece leggere una critica su internet in cui le tesi di
Campbell erano smontate una ad una. Fu il motivo per cui comprai il libro e da un
anno sono vegetariano. Nel 1980 curavo i malati oncologici nei cameroni da 20
posti letto nell'ospedale Santa Maria della Scala a Siena. Avevo fatto la tesi
sugli effetti cancerogeni delle radiazioni sulle popolazioni di Hiroshima e
Nagasaki e la patologia generale e la cancerogenesi erano sempre state una
passione, ma al paziente o al familiare che mi chiedeva per quale motivo aveva
un tumore, dovevo rispondere con statistiche per coprire la mia ignoranza. Ora
Campbell illustra la sua teoria e chissà se non sia come ai tempi di Darwin in
cui le sue idee vennero osteggiate e derise soltanto perché andavano contro
corrente. Campbell ipotizza che la maggior parte delle malattie degenerative,
dal cancro all'Alzheimer, derivi dalla alimentazione proteica animale.
L'alimentazione occidentale è basata su un uso cospicuo di carni animali e
latticini ed è la abbondanza di proteine animali introdotte con la dieta che
sarebbe responsabile della degenerazione cellulare.
I suoi studi partirono nel 1960 da una ricerca indiana (1) in cui
i topi sottoposti alla aflatossina sviluppavano cancro al fegato solo quando
l'apporto di proteine era il 20%. Una dieta del 5% non faceva sviluppare il
cancro, anzi lo faceva regredire quando dal 20% si passava al 5%. La proteina
della dieta dei topi era la caseina. Successivamente nelle Filippine studiando
l'effetto della aflatossina nei tumori infantili riscontrò che i bambini
affetti da cancro al fegato appartenevano quasi esclusivamente alle classi benestanti.
I bambini delle classi povere, nonostante assumessero una maggiore quantità di
aflatossina, presentavano una incidenza di cancro inferiore. Negli studi
epidemiologici del China Study (tab) il confronto tra la dieta della
popolazione americana e quella delle aree rurali cinesi, indicava che il basso
consumo di proteine animali corrispondeva ad una bassa incidenza non solo del cancro
ma anche delle patologie degenerative. Nel Nurse’s Health Study iniziato nel
1976 sono state studiate 120.00 infermiere e Campbell evidenzia che la dieta a
base di proteine animali “nel suo insieme” è responsabile della mortalità e che
i singoli componenti della dieta, per esempio i grassi animali, giocano lo
stesso ruolo sia che siano assunti in dosi minime o in dosi elevate. Le
infermiere, persone più attente alla salute della popolazione generale,
seguivano diete povere di grassi, ma soffrivano delle stesse patologie
degenerative della popolazione e a volte anche in quantità maggiore. Questo
dato indicava che non era la singola sostanza, esempio il colesterolo e i
grassi saturi della dieta, a determinare l'insorgenza della malattia ma la
dieta proteica nel suo insieme (2,3).
Culturalmente oggi lo standard di una buona e sana alimentazione è
rappresentato da un massiccio apporto di proteine animali e latticini. Le
raccomandazioni standard (RDA: dosi giornaliere consigliate) prevedono un
apporto proteico animale dal 10 al 35% con una precauzione nella limitazione di
alcuni tipi di grasso. Di contro la salute negli USA (leggi Occidente) è
afflitta dalle moderne patologie degenerative.
La ricerca mondiale è focalizzata sulla individuazione dei
cancerogeni, dal giallo burro al DDT, banditi negli anni 1970, agli
innumerevoli coloranti e conservanti fino alle recenti ammine aromatiche
(fritture e grigliate >200°). Inoltre ciclicamente sono esaltati integratori
alimentari in grado di antagonizzare specifiche malattie. Il quadro è
estremamente confuso, sembra un gioco in cui una giacca è tirata da tutte le
parti ma è sempre sgualcita. Campbell ha il pregio di aver avanzato una ipotesi
innovativa e, come per Darwin, saranno necessarie prove e controprove per la
verifica e per entrare nei particolari più approfonditi: ad esempio il latte
vaccino ha lo stesso effetto del latte di capra? Il latte di palma è salubre
come il latte di soia? Gli interrogativi sono tanti e non possono essere
cancellati soltanto perché l'alimentazione carnea è lo standard nutrizionale.
Dobbiamo ricordare che questo tipo di dieta nacque nel XVIII secolo con la
rivoluzione industriale ed è diventato uno status symbol delle popolazioni
ricche. D’altra parte ci sono discussioni su Gesù Cristo per sapere se era
vegetariano e se l'agnello disegnato nell'ultima cena era solo sacrificale o
veniva anche mangiato.
Comunque rimane il dubbio della risposta al paziente che domanda perché
si è ammalato. Recentemente Il programma delle Iene ha illustrato "il
tumore di Antonio" che a due anni dall'ultima cura ufficiale, ha
riacquistato una qualità della vita impeccabile per il semplice fatto di aver
iniziato una dieta vegetariana. Da oncologo, non avendo risposte certe, oggi
non mi assumerei la responsabilità di negare a un malato oncologico la
prescrizione di questa dieta. Tre mesi di frullati di verdura, seguiti da pasti
vegani, integrati con alcalinizzazione alimentare sono una indicazioni fino a
poco tempo fa non avrei mai immaginato. Oggi Campbell suggerisce una ipotesi in
cui “i carcinogeni chimici in genere non provocano il cancro a meno che non ci
siano le giuste condizioni nutritive”. Se tale teoria fosse vera servono buoni
medici dietologi e studi epidemiologici di conferma, ma nel frattempo
conoscendo certe schifezze della produzione industriale dei cibi carnei
consiglio, a chi me lo chiede, la loro drastica riduzione. Ogni individuo è
libero di fare la sua scelta ed ognuno può scegliere di bere latte di mucca o
latte di soia.