sabato 16 agosto 2014

L'invidia e la fuga dei cervelli

L'invidia è un sentimento che genera dolore a chi la percepisce. La persona invidiosa subisce una trasformazione caratteriale che genera un sentimento ostile contro un nemico-antagonista. Nell'invidioso albergano due entità: la personalità normale, verso la maggior parte degli individui e la personalità invidiosa nei confronti di uno o pochi altri individui. Lo stato di normalità si altera tutte le volte che la persona incontra o pensa al soggetto ostile. La vita dell'invidioso si trasforma in una instabilità continua che nasce dal profondo della psiche. La causa dell'insorgenza usualmente è insignificante ed è collegato al desiderio di possedere quello che appartiene ad un altro. Mentre è facile procedere ad un furto in quanto al desiderio si combina una azione, per l'invidia al desiderio non corrisponde una azione diretta, ma una serie di fantascherie mentali che portano la persona a effettuare comportamenti falsi. L'invidioso, per conseguire il suo desiderio, genera azioni finalizzate a danneggiare la sua "vittima"; costui spesso è ignaro di quanto sta accadendo e non si accorge della doppia personalità dell'invidioso per la capacità, che ha l'invidioso, di falsificare la verità.
L'invidia è un peccato mortale; è tra i comportamenti  che maggiormente determinano danni sociali oltre che individuali. Fin dai primordi dell'umanità Caino, prima di essere assassino, fu invidioso; ma se Papa Gregorio Magno nel 500 d.C. la pose al 2° posto dopo la superbia, successivamente l'invidia perse valore e solo con il Concilio di Trento (1563 d.C.) fu nuovamente riabilitata come sentimento contrario alla comunità solidale. Questo intervallo di oltre 1000 anni la dice lunga sulla forza dell'invidia e sul suo potere. L'invidia è sempre esistita e sempre esisterà. Nei momenti di disgregazione sociale L'invidia assume il carattere di una malattia contagiosa con alto livello di virulenza.
L'Italia è sotto assedio dall'invidia. La crisi economica dilagante diffonde la sofferenza in grandi strati della popolazione e l'accentuarsi delle disparità costituisce il brodo ottimale per la crescita di questo sentimento mortale. L'invidioso è individuabile se si presta attenzione al suo comportamento: si riconosce l'ipocrisia e la meschinità; nel momento in cui vi è un attacco ipocrita la pelle assume il colore livido; il rancore e la rabbia trasudano nelle parole; l'astio si manifesta con l'occhio bieco.
Negli anni '80 nei Cessi del Rettorato a Siena si leggeva " importante non è fare, importante è che l'altro non faccia". Dopo 30 anni il governatore della Toscana ha voluto pulirsi la coscienza con una legge sul Nepotismo. Iniziativa inutile quando la carriera è assicurata solo agli amici degli amici.
Zuleika Dobson afferma che l'unica consolazione che la "vittima " ha nei confronti dell'invidioso è di sperare che faccia una brutta fine. Secondo C.M.Cipolla l'invidioso rientra tra i delinquenti: il frutto delle sue azioni comporta un danno alle persone ed un vantaggio a se stessi.
La guerra all'invidia e all'invidioso dovrebbe essere un dovere civile perché infrange le regole del vivere civile. L'invidia enfatizza la falsità, l'ipocrisia e la sofferenza individuale. Chi può, evade da questo circolo vizioso!! La fuga dei cervelli è la prova del malcostume e ormai non è un mistero che  l'Australia e l'Inghilterra sono il luogo di fuga per molti giovani italiani.
Proverbio antico: quando la casa brucia i vicini si scaldano le mani.

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